La Sindrome di Brugada

  La Sindrome di Brugada

Rivista Scientifica "The nursing science" n. 1 - 2023


Barbaro Antonio, Infermiere, Azienda Sanitaria Provinciale  Reggio Calabria

CORRISPONDENZA

antoniobarbaro@asprc.it

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DOCUMENTI

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INTRODUZIONE

Da quando fu introdotta, la Sindrome di Brugada come nuova entità clinica ha sempre suscitato grande interesse e curiosità, ma anche un po' di timore per i vari aspetti ancora da definire e approfondire. Uno di questi ha attirato particolarmente la mia attenzione, sia per la mancanza di criteri diagnostici univoci, sia per le conoscenze ancora incomplete sulla malattia, anche per la gravità degli effetti e per l'assenza di un approccio farmacologico efficace che possa ridurre significativamente il numero e la complessità stessa delle manifestazioni.

Per di più questa sindrome porta in sé uno straordinario paradosso: il caso vuole che l'unico modo per essere allertati sulla sua presenza sia l'avere un arresto cardiaco (AC). Quindi l’unica cosa da fare rimane la prevenzione.

La sindrome di Brugada deve il suo nome ai fratelli cardiologi, Pedro, Ramón e Josep Brugada, i quali l'hanno descritta in modo accurato nel 1992. In realtà, però, la sua scoperta risale a qualche anno prima, esattamente al 1988, quando Andrea Nava, descrisse il caso di un uomo giovane con quadro clinico di “morte cardiaca improvvisa” ed ecg caratterizzato da elevazione del punto J e aspetto ST di tipo “coved” nelle derivazioni precordiali (il cosiddetto pattern di tipo 1 per intenderci), ritardo di conduzione a livello del tratto di efflusso del ventricolo destro, oltre ad anormalità strutturali minori del ventricolo destro.

ABSTRACT

 La sindrome di Brugada è un disturbo del ritmo cardiaco potenzialmente pericoloso per la vita che a volte viene ereditato ed è legata ad una disfunzione del gene SCN5A.

Le complicanze della sindrome di Brugada richiedono cure mediche di emergenza. L’arresto cardiaco improvviso se non trattato immediatamente, determina l’improvvisa perdita della funzione cardiaca, della respirazione e della coscienza. Con cure mediche rapide e appropriate, la sopravvivenza è possibile.

Le manovre di rianimazione cardiopolmonare e/o uno shock da defibrillatore automatico esterno (DAE) possono migliorare le possibilità di sopravvivenza fino all'arrivo del personale di emergenza.

Negli ultimi anni la pratica clinica e la letteratura internazionale hanno posto la loro attenzione sul coinvolgimento degli aspetti psicologici dei pazienti che si sottopongono all’impianto ICD, individuando problematiche relative a un cattivo adattamento psicologico, a una diminuzione della qualità di vita fino alla strutturazione di veri e propri disturbi psicopatologici specifici. Si prospetta poi il possibile nuovo scenario del rifiuto o della richiesta di espianto del dispositivo ICD.

La “Brugadaphobia”, è una situazione che si sta manifestando sempre più spesso in ambito medico e che non ha nessuna base scientifica ma solo una grossa componente emotiva, stimolata e favorita dai Media (Professor Sami Viskin USA 2017).

L’impianto di un defibrillatore, fino a poco tempo fa, rimaneva l’unica soluzione salvavita dimostrata. Una recente alternativa potenzialmente molto valida è una nuova tecnica di ablazione. 

SCOPO: Scopo della revisione proposta è quello di discutere in merito ad un annoverato studio che ha confermato la validità di un test farmacologico predittivo per il familiare della vittima, inoltre è stata sviluppata in parallelo una terapia differente per i pazienti affetti che si propone di distruggere, mediante ablazione, le cellule del cuore malate, responsabili dei disturbi del ritmo. Queste cellule sono situate sulla superficie esterna della parte alta del ventricolo destro (infundibolo) e possono essere raggiunte da un catetere ablativo mediante una piccola puntura sotto lo sterno. L’eliminazione del tessuto alterato mediante riscaldamento determina la scomparsa dei segni elettrocardiografici della malattia e la soppressione della possibilità di provocare aritmie in questi soggetti. 

CAMPIONE: I familiari dei soggetti morti di SADS (Sudden Adults Death Syndrome - Sindrome della morte adulta improvvisa) sono stati sottoposti ad una singola visita con esami (ECG, ecocardiogramma, holter cardiaco 24 ore, test da sforzo) e, se avevano più di 16 anni e non avevano controindicazioni, è stato loro proposto un test provocativo con ajmalina 1 mg/kg. L’elettrocardiogramma a riposo è stato effettuato sia col metodo convenzionale, sia posizionando le derivazioni precordiali destre V1 e V2 più in alto nel terzo e secondo spazio intercostale.

 (L’Ajmalina e flecainide sono due farmaci antiaritmici, in grado di bloccare i canali per il sodio, presenti nelle cellule muscolari cardiache. Con il blocco farmacologico di questi canali, il tracciato elettrocardiografico di un paziente con sindrome di Brugada assume i connotati tipici della malattia.)

METODI E STRUMENTI: E’ stato contattato un laboratorio che si occupa di aritmologia e sono stati rilevati il numero dei casi di morte improvvisa ed i trattamenti per giungere ad una diagnosi.

 RISULTATI: Il test con ajmalina è stato effettuato in 670 dei soggetti in esame (74%). Nel 22% dei soggetti coinvolti (42% delle famiglie) è stata diagnosticata una sindrome cardiaca ereditaria. La sindrome di Brugada (SB) è stata la diagnosi più frequente (15% dei soggetti, 28% delle famiglie). Il test con ajmalina è stato necessario per smascherare il 97% dei soggetti con diagnosi di SB. L’ECG con hV1-V2 ha aumentato del 16% la resa diagnostica del test con ajmalina

 CONCLUSIONI: Sulla base delle evidenze scientifiche, si delinea un quadro ben differente rispetto a quanto riportato dalle notizie che normalmente circolano sui media e sul web, che poi diventano idea, cultura virale e paura collettiva! La Sindrome di Brugada (conosciuta anche con il come di Nava) esiste e si manifesta principalmente con tachiaritmie ventricolari che spesso possono interrompersi spontaneamente in alcuni casi generando una sincope (svenimento), oppure, più raramente, possono portare ad arresto cardiaco. In alcuni di questi rari casi, l’arresto cardiaco può rappresentare la prima manifestazione della sindrome. In questo momento storico nessun medico è in grado di stabilire una stratificazione del rischio non solo per i soggetti che hanno realmente la sindrome ma soprattutto per quelli asintomatici. Obiettivo di questo lavoro è collaborare nel diffondere la tecnica di ablazione per dare dignità ad una scoperta molto importante che potrà salvare la vita di migliaia di persone che soffrono della SB e soprattutto liberare molti pazienti, la maggior parte giovani, dalla schiavitù di dover portare per tutta la vita il defibrillatore.

 Una sindrome “giovane”

 La Sindrome di Brugada è una malattia cardiaca ereditaria, geneticamente trasmessa. I ricercatori hanno individuato diversi geni responsabili della sindrome di Brugada: quello più studiato e che si conosce meglio è noto con il nome di SCN5A ed è situato nel cromosoma 3. Questo gene regola il funzionamento dei canali ionici, proteine con funzione di 'porte' situate sulla superficie cellulare, attraverso cui gli ioni (sodio, potassio, magnesio e calcio) escono ed entrano dalla cellula.

Ciò causa alterazioni nell’elettrocardiogramma ed una predisposizione ad aritmie ventricolari maligne ed alterazioni morfofunzionali del miocardio. Colpisce soggetti giovani soprattutto nell'età compresa tra i 25 e i 55 anni e può avere una prognosi infausta. Inoltre apparentemente questi soggetti non presentano particolari evidenze che possano far sospettare una patologia cardiaca se non l'alterazione elettrocardiografica.

Tali alterazioni non sono sempre presenti, ma possono variare nel tempo ed essere accentuate da alcuni farmaci o da alcune condizioni fisiche (come ad esempio la febbre). Oltre ad alterare l’elettrocardiogramma, il malfunzionamento della membrana cellulare provoca una suscettibilità alla comparsa di aritmie ventricolari maligne.

I segni caratteristici di tale condizione sono:

-sovraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni elettrocardiografiche precordiali destre (da V1 a V3)

- blocco di branca destra completo o incompleto

- suscettibilità alla tachiaritmia ventricolare e alla morte improvvisa.

 Nel 1998 sono state dimostrate le basi genetiche della sindrome di Brugada, con l’identificazione di mutazioni a carico del gene SCN5A, che codifica per il canale cardiaco del sodio. Il risultato funzionale è una riduzione della corrente del sodio che regola la fase zero del potenziale d’azione. Tale alterazione però è stata riscontrata solo nel 30% dei casi, per il restante sono coinvolti altri geni ancora non identificati.

La prevalenza negli Usa di questa patologia è dello 0,14%; in alcune nazioni asiatiche come Filippine, Thailandia e Giappone la Sindrome di Brugada sembra essere la causa più comune di morte improvvisa con una mortalità nel nord est della Thailandia di 3 casi su 10.000 soggetti. In Italia ogni anno muoiono di morte improvvisa circa 60mila pazienti e la Sindrome di Brugada è responsabile per la maggior parte delle morti in giovane età. 

L’Infermiere nell’Arresto cardiaco sindrome di Brugada

 L’area critica è quella parte dell’assistenza clinica in cui ad un soggetto in pericolo di vita, viene erogata assistenza per il recupero delle funzioni vitali e per il mantenimento delle stesse. Il recupero delle funzioni vitali, in caso di arresto cardiaco, è ottenuto attraverso delle manovre rianimatorie. In una persona priva di coscienza, va immediatamente determinata la presenza dei battiti cardiaci e successivamente lo stato della ventilazione e della circolazione. La velocità, l'efficienza e una corretta applicazione delle manovre rianimatorie sono direttamente correlate a un buon recupero delle funzioni del SNC. Un approccio sistematico e rapido deve fare in modo che trascorrano solo pochi secondi tra il riconoscimento dell'arresto cardiaco e l'intervento. L'arresto cardiaco che perduri per > 4-6 minuti può comportare un danno cerebrale irreversibile o il decesso; la prognosi, tuttavia, è molto variabile e dipende dall'età, dalla causa dell'arresto, dalle circostanze cliniche e dal tempo trascorso dall’assenza del battito cardiaco. Il successo della rianimazione cardiorespiratoria dipende da un precoce supporto di base delle funzioni vitali (Basic Life Support, BLS), dal rapido riconoscimento e trattamento della fibrillazione ventricolare, se presente, e dal controllo delle vie aeree e del ritmo con metodi di condizioni critiche dal momento in cui si verifica la situazione di rischio, fino a quando il malato viene ritenuto fuori pericolo, cioè in condizioni di relativa stabilità. Dunque, l’infermiere di area critica è colui che garantisce un’assistenza ottimale al paziente con reali o potenziali problemi che lo mettono in pericolo di vita. Deve quindi garantire un’assistenza tempestiva, globale, continua, ovunque si presenti la necessità di un intervento a pazienti critici.

L’espressione area critica nell’ambito dell’assistenza infermieristica, ha trovato nell’emanazione del D.M. 739/94, Profilo Professionale dell’Infermiere, la sua formalizzazione normativa: l’art. 2 comma 5, riconosce un’area operativa in cui la specificità dell’assistenza è tale da richiedere una formazione post-base di tipo complementare in quanto in essa si riscontrano situazioni assistenziali non affrontabili con le sole conoscenze di base. Tale formazione deve fornire agli infermieri conoscenze cliniche avanzate e capacità che permettono loro di fornire specifiche prestazioni infermieristiche. Il raggiungimento di risultati assistenziali attuali è determinato dalla competenza a identificare il paziente critico, dall’abilità a riconoscere e valutare le condizioni di criticità/precarietà vitale, dall’assumere responsabilmente le decisioni conseguenti ed effettuare le prestazioni infermieristiche in un’ottica di “personalizzazione” e di “qualità”: l’infermiere deve possedere la capacità di impostare il processo assistenziale e intervenire con autonomia e responsabilità. Per quanto riguarda il contesto operativo è necessario tener presenti alcune variabili che intervengono nella fase assistenziale e di cui è necessario conoscere il comportamento in area critica, poiché possono incidere in modo cruciale nell’evoluzione dell’intervento infermieristico.

 

Arresto cardiaco e Morte improvvisa

 Per morte cardiaca improvvisa s’intende l’arresto brusco ed inatteso dell’attività circolatoria e respiratoria con o senza segni premonitori, che colpisce sia soggetti apparentemente sani sia quelli con patologia cardiaca nota.

L’arresto cardiaco (AC) è una condizione caratterizzata da perdita dell’attività elettrica e meccanica del cuore, con arresto della funzione di pompa. Il battito cardiaco ci permette di vivere facendo circolare il sangue e permettendo all’ossigeno di arrivare a tutti gli organi. Quando il cuore si ferma immediatamente si verifica la perdita di coscienza e dell’attività respiratoria. Il cervello non riceve più circolo ossigenato e il soggetto cade a terra privo di sensi. Quindi la persona in arresto cardiaco non è cosciente e non respira più normalmente, rimane a terra inanimata.

Le statistiche internazionali ci dicono che è la più importante emergenza dei paesi occidentali. Colpisce la popolazione generale con una frequenza di circa 1 evento su 1000 abitanti all’anno.

L’arresto cardiaco nella sindrome di Brugada può essere scatenato dai fattori descritti in precedenza ma anche da una febbre alta o da circostanze imprevedibili o dall’assunzione di farmaci per altre malattie.

L’AC può essere reversibile mediante tempestive ed adeguate manovre rianimatorie. Il danno anossico cerebrale inizia dopo circa 4-6 minuti di assenza dell’attività cardiorespiratoria, pertanto risulta fondamentale agire il prima possibile. Dopo 10 minuti le lesioni cerebrali divengono irreversibili e, nonostante la ripresa dell’attività cardiaca e del circolo, si possono avere deficit neurologici permanenti (deficit motori e/o sensitivi, alterazioni della capacità cognitivo-sensoriale, coma e stato vegetativo persistenti).

Le procedure di Rianimazione Cardio Polmonare (RCP) sono utili nel migliorare la prognosi del paziente se vengono attuate precocemente. Il tempo utile per eseguire una defibrillazione efficace è breve, 5-10 minuti. La probabilità di sopravvivenza si riduce del 10% per ogni minuto di ritardo del primo soccorso, raggiungendo una percentuale prossima allo 0% dopo 10 minuti! Nel 2010 la American Heart Association ha aggiornato le proprie linee guida e ora consiglia a tutti, sia al personale sanitario sia ai semplici testimoni del malore, di iniziare la rianimazione cardiopolmonare con il massaggio cardiaco.

La Brugadaphobia

 IL Professor Sami Viskin[1]* ha definito in un congresso tenutosi negli USA nel 2017 “Brugadaphobia”, una situazione che si sta manifestando sempre più spesso in ambito medico e che non ha nessuna base scientifica ma solo una grossa componente emotiva, stimolata e favorita dai media.

Una definizione di “Brugadaphobia” può essere la seguente: Paura costante di morte imminente ed improvvisa, che affigge i pazienti asintomatici a cui è stata diagnosticata o anche solo sospettata una sindrome di Brugada.

Questa terrificante paura non trova però alcuna giustificazione nella realtà, ma viene costantemente alimentata dai media, in particolare dal web, e porta con sé conseguenze psicologiche anche gravi, oltre a condizionare le scelte dei pazienti, che diventano disponibili a sottoporsi a tuti i possibili esami diagnostici e procedure terapeutiche, a volte anche sperimentali, invasive e non prive di conseguenze.

La fiction, che alimenta la “Brugadaphobia” parte da Google, dove basta cercare il termine “Sindrome di Brugada” per ottenere informazioni del tipo: “Sindrome di Brugada: quel cuore che si ferma all’ improvviso “, “Brugada una bomba ad orologeria nel petto”, “Sindrome di Brugada… almeno 50.000 decessi l’anno “, “Morte cardiaca improvvisa.  Ecco come la “Brugada” uccide i giovani sportivi”, “Sindrome di Brugada… Si tratta di una delle malattie principalmente responsabili della morte cardiaca improvvisa nei giovani adulti”, “Sindrome di Brugada… causa di morti improvvise e devastanti   in giovani all’apparenza sanissimi”.

Recentemente, in Inghilterra, la notizia di una tragica ed improvvisa morte di un giovane uomo, divenuta “virale” su Facebook, ha portato 14.500 cittadini britannici ad una petizione al parlamento, chiedendo che “Tutti” i pazienti asintomatici con diagnosi di Sindrome di Brugada, potessero ottenere l’impianto di un defibrillatore (ICD), anche in assenza di chiari indicatori di aumentato rischio aritmico. Il Governo, seriamente ha detto di rivolgersi a medici competenti. In Italia, la tragica morte del calciatore della Fiorentina, Davide Astori, è stata dai media associata alla Sindrome di Brugada, ancora prima che si concludessero le indagini medico/legali sulle cause di questa morte ed in assenza di ogni evidenza a supporto di tale associazione, come si è rivelata alla fine delle indagini. Le notizie riportate a riguardo hanno creato non poco scompiglio nei pazienti con diagnosi di Sindrome di Brugada e nelle famiglie di giovani sportivi, facendo apparire la Sindrome di Brugada come una dea sterminatrice che uccide improvvisamente e inaspettatamente giovani in piena salute.

È vero! In Italia muoiono circa 50.000 persone all’anno per morte cardiaca improvvisa. Tuttavia è importante precisare che nella maggioranza dei casi, in particolare nei soggetti con età >40 anni, la causa di queste morti è una cardiopatia sottostante come la malattia coronarica, le valvulopatie e lo scompenso cardiaco. Nei soggetti più giovani, la causa è principalmente dovuta a cardiomiopatie, alcune di esse di origine genetica come la cardiomiopatia ipertrofica, la cardiomiopatia dilatativa e la cardiopatia aritmogena. In percentuale minore, alcune di queste morti sono causate da “canalopatie” su base genetica quali la sindrome del QT lungo, la sindrome di Brugada, la sindrome del QT corto oppure la tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica. Altre cause possono essere dovute ad utilizzo di farmaci e/o sostanze stupefacenti. Sulla base di queste evidenze è facile dedurre che 50.000 morti improvvise all’anno non significano certo 50.000 morti improvvise per Brugada! La sindrome di Brugada può raramente concorrere come causa di queste morti. In Danimarca dove esistono studi epidemiologici seri, sembra che la sindrome causi un arresto cardiaco all’anno su 100.000 persone.


[1] * Sami Viskin Direttore, Unità di ricovero cardiaco, Tel Aviv Centro medico Sourasky, Israele. Professore associato di Cardiologia, Università di Tel Aviv.

 

 Conclusioni

 Sulla base delle evidenze scientifiche, si delinea un quadro ben differente rispetto a quanto riportato dalle notizie che normalmente circolano sui media e sul web, che poi diventano idea, cultura virale e paura collettiva! La Sindrome di Nava (detta di Brugada) esiste e si manifesta principalmente con tachiaritmie ventricolari che spesso possono interrompersi spontaneamente, in alcuni casi generando una sincope (svenimento), oppure, più raramente, possono portare ad arresto cardiaco. In alcuni di questi rari casi, l’arresto cardiaco può rappresentare la prima manifestazione della sindrome. Essa è un’entità clinica definita circa 30 anni fa come associazione tra arresto cardiaco ed un peculiare elettrocardiogramma. Nel corso di questi 30 anni però si è ampiamente dimostrato come la sindrome (intesa come segni e chiari sintomi) sia una condizione molto rara, mentre il caratteristico elettrocardiogramma sia di riscontro relativamente frequente nella popolazione! Si è anche capito che tale elettrocardiogramma può essere di significato aspecifico e riscontrabile anche a causa di condizioni diverse dalla sindrome di Brugada, alcune delle quali del tutto fisiologiche. Questo vale in particolar modo quando il tipico pattern elettrocardiografico viene riscontrato esclusivamente dopo test farmacologico. Nonostante ciò, una significativa percentuale di pazienti a basso rischio aritmico ha ricevuto nel tempo un defibrillatore impiantabile (ICD) in prevenzione primaria, al di fuori delle evidenze scientifiche e delle linee guida. In non poche casistiche 1 su 5 dei pazienti portatori di pattern di Brugada di tipo 1 ed asintomatici per arresto cardiaco, hanno ricevuto impianto in prevenzione primaria. Questo non succede per la sindrome del QT lungo che ha una diffusione simile ed un a rischio simile. Il motivo è che la sindrome del QT lungo è nata 20 anni prima del defibrillatore per cui i medici hanno avuto tempo per capirla meglio, senza lasciarsi prendere la mano da impostare immediatamente una terapia invasiva con conseguenze spesso gravi anche dal punto di vista psicologico infatti il 25% dei pazienti finisce dallo psicologo o dallo psichiatra. Oggi, il motivo principale per l’impianto di un defibrillatore (ICD) risulta essere “una positività al test all’Ajmalina con fibrillazione ventricolare inducibile allo studio elettrofisiologico”, nonostante non sia ancora chiara la specificità del test farmacologico e non sia chiaro il valore predittivo positivo dello studio elettrofisiologico.  L’industria è molto sensibile a tali fenomeni ed una recente analisi diffusa sul web ha previsto un aumento del fatturato economico mondiale del 6.5%. La conseguenza della “brugadaphobia” è un “male” collettivo, che spinge gli individui coinvolti a ad assumere un atteggiamento estremamente protettivo per sé stessi o per i loro familiari, che si traduce nella volontà di voler fare tuo ciò che è possibile, per mettersi al riparo da una minaccia terrificante ma poco realistica, senza considerare che “fare tuo ciò che è possibile” non significa necessariamente “fare il meglio”. Per questo motivo, ci si vuole sottoporre ad ogni costo a tutti i possibili esami diagnostici e procedure terapeutiche, senza considerare che in alcuni casi certi test diagnostici potrebbero risultare positivi in assenza di sindrome con la conseguenza di etichettare come “malate” persone del tuo sane e quindi consigliarli di sottoporsi a procedure terapeutiche invasive, non prive di conseguenze, a volte anche gravi. Purtroppo, in questo momento storico nessun medico è in grado di stabilire una stratificazione del rischio non solo per i soggetti che hanno realmente la sindrome, ma soprattutto per gli asintomatici. In tale assenza di conoscenze, e di impossibilità per tutti di predire il futuro, sia la scienza che l’etica consigliano di astenersi dal sostenere la Brugadafobia ma dall’adottare invece un serio atteggiamento di rassicurazione e discussione razionale del percorso di una lunga vita da affrontare. È tempo di fermarsi un attimo…respirare lentamente…riflettere!!! 

 

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 CONFLITTO DI INTERESSI

Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

FINANZIAMENTI
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.

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BIBLIOGRAFIA e Sitografia

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